Buongiorno a tutti e buon inizio Febbraio! Spero che il vostro sia cominciato meglio del mio, bloccata a letto a causa della mia ingordigia :P
Dopo l'intervallo natalizio, eccoci di nuovo qui con un altro Ritratto. E' una storia che non conoscevo e che mi ha toccata molto, una di quelle vicende che si sentono non troppo spesso ma che sono capaci di infondere una grande forza in chi le legge.
Miki, grazie per questo articolo: la storia è meravigliosa, le tue parole sono meravigliose e penso che Elizabeth sia un esempio incredibile in grado di dare un po' di coraggio a tutte noi!
Questo ritratto è nato quasi per caso
ed è lontano anni luce dall’idea iniziale che ho coltivato per il
post di questo mese. Purtroppo, per vari motivi, quell’idea non ha
potuto prendere corpo, così, a pochi giorni dall’appuntamento con
la rubrica, mi sono ritrovata senza spunti e senza articolo.
Grazie ad un suggerimento di Monica, ho
cominciato ad informarmi ed a buttare giù qualche riga, ma non stava
venendo fuori nulla di decente, nulla che sentissi mio.
Come spesso accade, l’illuminazione
mi ha colta mentre ero intenta a fare tutt’altro, così, stringendo
in mano un vecchissimo diario, datato 2002, ho capito all’istante
di chi volevo parlare. Si tratta di un’agenda che mi è stata
regalata una sera dal mio fidanzato. Ero stata attratta dalla
copertina e dalle delicate illustrazioni contenute all’interno,
che, con linee morbide e delicati toni pastello, ogni mese,
raffiguravano un personaggio femminile importante . Grazie a
quell’agenda ho conosciuto la vita di Florence Nightingale, Grazia
Deledda, Maria Goretti , Marie Curie e molte altre.
Leggere queste storie fa comprendere
come spesso, per alcune donne, realizzare un sogno, seguire
un’inclinazione, coltivare una passione si sia tradotto in lottare,
in scontrarsi contro le tradizioni, contro la “morale”, abbattere
mura di ostilità e scavalcare ostacoli insormontabili. Solo per
essere chi volevano essere.
Oggi non è poi così difficile
realizzare un sogno. Molti dicono “basta volerlo” ma non credo
sia sufficiente. Una cosa è certa: un impegno costante, la passione,
l’interesse vivo ed un po’ di “buona sorte” possono farci
raggiungere tutti i nostri obiettivi. E allora c’è la bambina che
sogna di fare la maestra e si iscrive alla Facoltà di Lettere, di
Matematica, di Storia e Filosofia, la ragazzina che vuole fare
l’avvocato e si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e la
bambina che sogna di essere un medico e di guarire le persone “così
potranno vivere per sempre” e allora passa l’estate a studiare ed
a compilare quiz su quiz per affrontare il terribile test d’ingresso
e alla fine ce la fa, riesce ad intraprendere quel percorso che
potrebbe farle realizzare il suo sogno, iscrivendosi alla Facoltà di
Medicina e Chirurgia.
Nonostante non sia e non sembri una
cosa facile, di certo è poca cosa in confronto a ciò che ha dovuto
affrontare Elizabeth Blackwell, prima donna medico della storia.
Conosco perfettamente la vita di Maria
Montessori, prima donna ad essersi laureata in Medicina in Italia, ma
non conoscevo la storia di Elizabeth.
Nata a Bristol nel 1821, si trasferisce
negli Stati Uniti assieme alla famiglia per volere del padre che
muore pochi anni dopo. Appena diciassettenne, orfana e con otto
fratelli, Elizabeth si trova costretta ad allontanarsi dai propri
cari per intraprendere il lavoro di insegnante nel Kentucky. Solo nel
1845, a 24 anni, quando ormai i fratelli e le sorelle possono
provvedere a loro stessi grazie a remunerative occupazioni, comincia
a chiedersi quale sia il suo scopo, cosa voglia fare della sua vita.
È un’amica malata che le suggerisce
di intraprendere il cammino per diventare un medico, come scopriamo
leggendo queste poche righe dalla sua autobiografia “Pioneer work
in opening the medical profession to women”:
« Hai
passione per lo studio, tempo libero e godi di buona salute;
perché non studiare medicina?
Se fossi stata curata da una dottoressa,
non avrei patito le peggiori sofferenze »
perché non studiare medicina?
Se fossi stata curata da una dottoressa,
non avrei patito le peggiori sofferenze »
(Capitolo
II, Earning money for medical study)
Essere un medico è una possibilità
che non ha mai nemmeno sfiorato la testa di Elizabeth eppure si
ritrova a pensarci seriamente, cominciando a desiderare di indossare
quel camice bianco.
« Elizabeth,
non ha neanche senso provarci.
Non potrai mai essere ammessa a queste scuole.
Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo
per guadagnare la conoscenza necessaria »
Non potrai mai essere ammessa a queste scuole.
Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo
per guadagnare la conoscenza necessaria »
(Dr.
J. Warrington.
Capitolo II, Earning money for medical study)
Ogni ostacolo che Elizabeth incontra
non fa altro che ingigantire il suo desiderio, che ormai sta
cominciando ad assumere sempre di più l’aspetto di una lotta
morale.
Ciò che la disturba più di ogni altra
cosa è che il termine “dottoressa” venga accostato alle donne
che in questo periodo praticano l’aborto, in particolar modo Madame
Restell, la prima aborzionista operante a New
York.
Sul tema dell'aborto
la posizione della Blackwell è molto chiara: totale indignazione ed
intransigenza. Stiamo sempre parlando della prima metà dell’800, e
credo che una posizione del genere da parte di una donna sia più che
comprensibile:
« La
perversione ed il disprezzo della maternità da parte
dell'aborzionista
mi riempie di indignazione, e risveglia in me un attivo antagonismo.
Che l'onorevole appellativo di 'dottoressa'
debba essere accostato esclusivamente a queste donne[...] mi fa orrore!" »
mi riempie di indignazione, e risveglia in me un attivo antagonismo.
Che l'onorevole appellativo di 'dottoressa'
debba essere accostato esclusivamente a queste donne[...] mi fa orrore!" »
Fino al 1847, Elizabeth si concentra
sull’obiettivo di guadagnare il denaro necessario per intraprendere
gli studi. Il periodo trascorso nel North Carolina è molto piacevole
per lei: insegna musica in un istituto e la domenica insegna a
leggere e a scrivere agli schiavi. Ogni attimo del suo tempo libero è
impegnato nella lettura di testi di medicina , grazie anche al
contributo di un ex medico ora direttore della scuola in cui lavora.
Numerosi sono i rifiuti che riceve a
seguito delle sue domande di iscrizione, spesso accompagnati da
parole dure che fanno riflettere non poco sulla “posizione” che
doveva avere la donna a quei tempi:
« Dovresti
convincerti che, come credo anch'io,
la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell'uomo
[...] e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori
e le donne infermiere. »
la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell'uomo
[...] e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori
e le donne infermiere. »
Ciò non scoraggia minimamente
Elizabeth che trae dal veleno di queste parole la linfa che le
permette di scontrarsi contro questo mondo chiuso e sprezzante.
Finalmente, il 20 Ottobre del 1847, a
26 anni, viene ammessa dal Geneva Medical Institute di New York. La
lettera di ammissione è accompagnata dalle toccanti parole del
presidente di facoltà Charles Lee:
« Non ci sono
dubbi circa il fatto che tu possa, grazie ad un comportamento
giudizioso,
non solo far ricredere gli scettici, ma anche elevare te stessa senza nulla togliere alla dignità della professione.
Ti auguro di avere successo nella tua impresa..." »
non solo far ricredere gli scettici, ma anche elevare te stessa senza nulla togliere alla dignità della professione.
Ti auguro di avere successo nella tua impresa..." »
Comincia per Elizabeth un percorso
difficile, una lunga strada in salita fatta di studio, solitudine,
derisione e intolleranza. È fastidioso che sia presente durante le
lezioni di anatomia, è irritante che negli esami si classifichi
prima dei suoi colleghi maschi, ma nonostante ciò riesce a far
apprezzare le sue doti e ad entrare a far parte veramente di un mondo
che fino a questo momento è stato esclusivamente maschile, come
dimostrano le parole di suo fratello Henry, presente il giorno della
laurea di Elizabeth:
« ...Lei è
stata in grado di dimostrare che il più solido intelletto, la
pazienza e la perseveranza più ostinata sono compatibili
con le più dolci caratteristiche femminili di delicatezza e grazia,
a tutti gli studenti che hanno dimostrato applaudendo con decisione una loro concorrente. »
con le più dolci caratteristiche femminili di delicatezza e grazia,
a tutti gli studenti che hanno dimostrato applaudendo con decisione una loro concorrente. »
In questa lettera alla madre, Henry
descrive la chiesa presbiteriana di Geneva
gremita di gente, dai giornalisti alle donne della città, curiose ma
soprattutto orgogliose. Elizabeth viene chiamata per ultima ed il suo
diploma è accompagnato da parole di stima da parte di compagni e
professori e sentite congratulazioni.
Dopo la laurea, la dottoressa Blackwell
fa ritorno nella sua amata Inghilterra, a Londra, in cui scopre che,
nonostante l’accoglienza entusiastica, non c’è posto per lei
negli ospedali, nessuno la vuole accanto come collega.
Si trasferisce a Parigi dove riesce
finalmente a praticare la professione presso l’istituto La
Maternité, una scuola di formazione per ostetriche e, nonostante non
si tratti di un vero e proprio ospedale, qui Elizabeth vive la corsia
ed il contatto con le pazienti.
Questa e altre esperienze, inclusa una
deludente al St. Bartholomew’s Hospital di Londra, la riportano a
New York , dove viene a conoscenza della nascita del Women's Movement
Right a Worcester,
verso il quale Elizabeth esprime tutto il suo sostegno:
« Il
grande tema dell'Educazione
non ha niente a che fare
con i diritti delle donne, o quelli
degli uomini, ma con
la crescita
dell'animo e del corpo umano. »
|
Anche la sorella Emily intraprende lo
stesso percorso, laureandosi in medicina e trasferendosi in Europa
per fare le stesse esperienze di Elizabeth. Quando le due si
ricongiungono, aprono il primo ospedale, nonché college femminile,
condotto interamente da donne, il New York Infirmary for Women and
Children. Nonostante entrambe siano convinte che ragazzi e ragazze
dovrebbero intraprendere assieme questo tipo di studi, la realtà
rende indispensabile tale passo, considerando che i college
rimanevano un’esclusiva maschile.
Solo nel 1859, il suo paese,
l’Inghilterra, le riconosce il suo ruolo, consentendole
l’iscrizione nell’albo. Dieci anni dopo, Elizabeth decide di
tornare definitivamente a Londra, dove accetta una cattedra di
ginecologia
alla London School of Medicine for Women.
Il preoccupante diffondersi delle
malattie veneree, in questo periodo, fa riconoscere ad Elizabeth la
necessità di fornire un'adeguata educazione sessuale per arginare il
fenomeno e a tal proposito compone il saggio The Moral Education
of the Young, considered under Medical and Social Aspects, che
viene pubblicato nonostante una simile opera, per giunta scritta da
mani femminili, sia ritenuta inopportuna e sconveniente. Anche in
questo frangente Elizabeth si dimostra caparbia e rivoluzionaria,
sconvolgendo non poco l’ambiente scientifico e la società in
generale.
"Il libro si conclude con parole di speranza verso
un futuro in cui donne e uomini possano alla pari occuparsi della
Vita, per renderla migliore, per liberarla progressivamente da ogni
male.
Il
sogno di Elizabeth Blackwell, anche attraverso le sue battaglie, può
oggi considerarsi in gran parte realizzato, e le sue parole, quasi
utopistiche allora, non sembrano descrivere una realtà lontana dalla
nostra:
« Lo studio
della natura umana da parte delle donne così come degli
uomini
porterebbe alla nascita di una nuova era di speranza e
intelligente cooperazione tra i due sessi,
e solo attraverso
questa, un reale progresso può essere raggiunto ed assicurato. »”
Spero che questo elenco di notizie
biografiche non vi abbia annoiato, ho cercato di riportare le più
significative, ritenendole tappe fondamentali della realizzazione di
un sogno che a quei tempi era letteralmente impossibile.
Donne come Elizabeth, con la loro
forza, la loro caparbietà, la loro passione e le loro idee,
condivisibili o meno, hanno spianato la strada a tutte quelle ragazze
che come loro hanno un sogno e la voglia di raggiungere un obiettivo.
A quei tempi la più “alta”
occupazione a cui una ragazza poteva aspirare era fare l’insegnante
o l’istitutrice, in attesa di un buon matrimonio che le garantisse
una vita sicura e tranquilla. Rompere questo schema ed imporsi in un
ambiente ostile, riuscendo non solo a raggiungere il proprio scopo ma
riuscendo anche a farsi apprezzare da coloro che inizialmente avevano
precluso ogni possibilità di farne parte, rende, ai miei occhi,
questa donna degna di ammirazione ed è per questo e per il fatto che
condividiamo lo stesso sogno che ho voluto tracciarne il ritratto,
sperando che anche voi come me abbiate percepito in queste righe la
sua prorompente forza e determinazione.
Grazie
Miki.
Allora, non è un post stupendo *_*? Bello, bello, bello!!! Mille volte bello :) Dopo la nottata in bianco è quello che ci vuole per ripartire bene :P
Al prossimo Ritratto, e ricordatevi di visitare gli altri blog che partecipano al progetto!
Credo di aver avuto anch'io (proprio nel 2002!) questa agenda di cui parli, anche se...i personaggi femminili di cui tratta non sono proprio delle mie corde...
ReplyDeletecomunque hai approfondito la storia di un personaggio femminile che non conoscevo, molto interessante..
sai, anch'io ho ancora l'agenda ma in parte l'ho cannibalizzat, le immagini le ho usate e trasformate per uno dei miei libri..ehehhe
Ma dai pensa! Il Ritratto però l'ha scritto Miki, non io ^^ E'interessante vero?? Alle immagini dei miei libri di storia è toccata la stessa sorte, poveracci XD Baffi ovunque e disegni poco ortodossi XD
DeleteL'ho scritto anche a Miki, adoro queste storie di donne così determinate. Sono una grande esempio quando qualcosa non va come vorremmo.
ReplyDeleteAnche io mi sento sempre un po' più determinata quando le leggo :) E' bello sapere che qualcuno ce l'ha fatta!
DeleteÈ un articolo bellissimo! Non conoscevo affatto questa donna, e la sua storia dovrebbe essere molto più famosa... Peccato che queste cose non se le caghi mai nessuno, anche quando ti parlano di femminismo e discriminazione sessuale. È il primo ritratto che leggo, ma ora non vedo l'ora di leggere gli altri!! :)
ReplyDeleteVerissimo, le storie migliori sono sempre quelle di cui si parla di meno -.- Di Ritratti ce ne sono molti altri scritti finora, se clicchi sul tag li trovi tutti ^^
DeleteAvevo letto questo post quando l'avevi pubblicato, ma non avevo voglia di fare l'accesso e commentare... dai pochi commenti deduco che poca gente ha avuto voglia di leggere, peggio per loro perchè è stata proprio una bella lettura!
ReplyDeleteEcco, tiè! Mortacci loro XD Eri troppo impegnata a ingozzarti di Maracas mia cara :P??
Delete