GIORNO 12
I 28 afosissimi gradi del mattino vengono stemperati da un super acquazzone tropicale. Il temporale mi regala uno spettacolo indimenticabile: Pupo che si lancia nell'occhio del ciclone e roteando attorno a un lampione canta a squarciagola “Singing in the rain”.
Per la serie “Strambi all'abbordaggio” la sera conosco un quarantenne tedesco che dopo una sfilza di imbarazzanti complimenti mi fa discretamente sapere il numero della sua cabina “in caso di bisogno”. Ma bisogno de che?? Vabbè, evitiamo le battutacce.
GIORNO 13
Equatore passato!! Super festa in piscina con anziani e non che si tuffano tutti insieme dopo essere stati cosparsi di uova e farina. Che spasso! Comunque non l'avrei mai detto, ma il tempo sta proprio volando.
Mentre accompagno la mia pancia ustionata a prendere ancora un po' di sole sento qualcuno che mi chiama per nome. Mi giro e vedo un cameriere dagli occhi a mandorla. Pensando si tratti del mio nuovo migliore amico Darma con magari un altro bicchiere di vino mi avvicino baldanzosa. Non è lui. Il problema è: chi è costui? Dove l'avrei conosciuto? E soprattutto, perchè dovrei incontrarlo a mezzanotte e mezza alla reception?
Prima di pranzo sono protagonista di un simpatico siparietto: il tedesco di ieri sera viene a scusarsi per il suo comportamento dettato dal troppo alcool. Dalla sdraio accanto mio padre, che non capisce una parola di inglese, sorride e annuisce. Non ridere, C..
Nel pomeriggio costeggiamo l'arcipelago di Fernando de Noronha. Spettacolare, solo questa vista vale tutta la traversata.
Grande audacia di I. che prima di cena recapita fiore e biglietto davanti al grande boss (il mio).
A mezzanotte e mezza decido di andare a vedere con Julio, un brasilero, il gran buffet napoletano allestito nelle cucine. Quando si dice morti di fame: ci troviamo davanti una coda che nemmeno alle poste il venerdì mattina! Uomini in bianco armati di walkie talkie regolano la fila, sembra un set di CSI. Ma la chicca della serata è...attenzione...io e Julio rimaniamo chiusi in ascensore! Grazie alla sua forza bruta tutto si risolve per il meglio, ma devo ammettere che questa mi mancava.
Lo spettacolare arcipelago di Fernando de Noronha.
GIORNO 14
BRASIL, ARRIVO!! Costa in vista! La giornata procede regolare come se lo sponsor della nave fosse lo yogurt Activia; gli unici incontri degni di nota sono quello con l'onnipresente I., col Cameriere senza Nome e col quarantenne che rinnova l'invito ad ammirare la vista da camera sua. Non commento.
GIORNO 15
Salvador de Bahia!! Finalmente arrivati a destinazione! Appena messo piede a terra veniamo accolti da 35 gradi e un temporale. Che smette. E poi riprende. E poi smette di nuovo. La calura purtroppo non si placa e dopo due minuti siamo tutti più appiccicosi di una torta di mele caramellate.
Ci troviamo chissà come al seguito una giovane guida locale che parla in portoghese e lancia urli ogni due per tre. Dopo una breve riunione decidiamo di non cacciarla via per evitare che chiami alcuni ipotetici amici malfattori esperti in rapine a turisti ignari.
La città bassa è un vero schifo: ok che sotto l'acqua nulla è perfetto, ma i mendicanti, la sporcizia, le case vecchie e l'odore di pipì ci fan capire da subito la situazione. Per salire nella parte alta (il Pelourinho, centro storico) prendiamo l'ascensore e dopo cinque minuti ci troviamo catapultati in un piccolo universo fatto di case coloratissime, donne in costume locale che cercano di farsi fotografare per pochi spiccioli e strade lastricate con irregolarissime pietre che vanno suuuu e giù, suuuu e giù. E' tutto molto caratteristico e a mio parere anche molto bello, peccato solo per lo stato di abbandono. Dappertutto scorrazzano cani randagi (demoni! Per chi non lo sapesse io temo i cani) e gatti anoressici, vediamo alcuni bambini che dormono sull'asfalto. La “guida” ci spiega che già intorno ai dodici anni iniziano a drogarsi, e lo stato pur sapendo che questi ragazzi crescono senza educazione, casa e sanità non interviene. E' strano provare un alternarsi di sensazioni così repentino: da una parte l'allegria, il colore, gente che suona, balla, capoeiristi...e dall'altra invece la tristezza derivante da una miseria del genere, quella che un turista si aspetta di vedere ma che una volta che ti viene sbattuta davanti senza tanti ringraziamenti ti lascia senza parole. Basta imboccare una via parallela a quella principale (no, non quella con davanti un tizio che ci urla “Fermi, pericolo!”, quella più a sinistra) e ci si trova in mezzo a una fiumana di persone, molte delle quali scalze, che camminando per strade piene di buchi e rifiuti sovrastate da decine di cavi della luce penzolanti entrano ed escono da negozi che sembrano più che altro magazzini del preguerra. Gli edifici sono tutti neri e scrostati e nella coda per l'ascensore in discesa vediamo sotto di noi una vera e propria favela: ruderi abitati, in sostanza. Lo so, sono i soliti ragionamenti detti e stradetti di una consumista abituata alla spreco europeo, ma oggi ho visto proprio i “bambini che muoiono di fame” tanto millantati quando lasciavo due cucchiai di risotto nel piatto da piccola.
Per quanto riguarda la gente invece sfatiamo una volta per tutte il mito della “gnocca brasiliana”: sono tutte bonze e con un sedere a dir poco abbondante! Il trucco sugli occhi è spesso molto pesante: viola, turchese, verde acceso...i ragazzi invece sono tozzi, anche i capoeristi che pur essendo un ammasso di muscoli restano comunque bassi e con le spalle larghe.
Decidiamo (in quattro su sei) di saltare il pranzo (detto in parole povere, allarme squaraus) e dopo un altro giro per la città torniamo nella parte bassa per fare shopping al “Mercato Modelo”, un magazzino su due piani pieno di bancarelle. Il bottino consiste in souvenir vari e per me una borsetta più un supermegagigaorecchino di piume comprato nel Pelourinho. Stanchi morti ma soddisfatti alle sette torniamo alla nave pronti per una doccia con l'acido muriatico e per una super serata a base di musica latina con anziani che danzano in pista. This is Brazil baby!
Salvador de Bahia e il suo accecante sole.
Il Pelourinho.
La chiesa barocca di S. Francesco.
Italiani: se non si fanno riconoscere non sono contenti!
Lo so, è una foto triste, ma loro erano troppo teneri!
Vie in buono stato.
Insaziabile Spmp!
Un pittoresco anziano impasticcato che non disdegna il ballo.
Un tenerissimo ballerino!
L'immancabile favela.
GIORNO 16
L'ultimo giorno di navigazione comincia con una lettera di sei pagine di I. e prosegue con uno dei soliti temporali. Il resto della giornata scorre tranquillo fino al mio momento favorito: il consueto buffet di mezzanotte, che stasera presenta una quantità di cibo veramente scandalosa. E vabbè, al ritorno dieta!
GIORNO 17
Arrivati a Cabo Frio. Ormai sarete stanchi di sentirvelo dire ma davvero gente, lo spettacolo lascia a bocca aperta: a prua coste verdi e frastagliate, a poppa spiagge di un bianco accecante!
Visto che si ripartirà alle 22:00 decidiamo di uscire dopo pranzo e goderci la nave semivuota (finalmente!).
Per arrivare a terra impieghiamo mezz'ora con la scialuppa di salvataggio. Passando vediamo delle meravigliose calette con palme e sabbia candida: un paesaggio da cartolina, mozzafiato! Barchette di pescatori si muovono lungo la costa e orchidee sbucano dappertutto come funghi. A un tratto ci accorgiamo che la scialuppa procede un po' troppo velocemente. Nemmeno il tempo di dire “machecazz...” e...SBADABAM, centriamo in pieno la banchina! Dopo aver insultato il capitano pesantemente mi appresto a scendere con un dito in meno e un handicap in più (giusto perchè non ne ho abbastanza).
Camminiamo dunque cercando un taxi che ci porti nella cittadina di Buzios: nulla da fare, i prezzi sono stratosferici. Dopo aver sudato sette camicie maledicendo l'ignoranza in inglese dei brasiliani troviamo finalmente la fermata di uno dei bus locali. Carro bestiame style! Un'ora di viaggio in piedi con l'autista che guida come un pazzo, anche se non posso negare che il picaresco tragitto sia stato molto divertente. Una ragazza si mette a fare conversazione in inglese (incredibile!) e mi spiega che siamo fortunati: le strade di solito sono persino peggio!
Il paesaggio è incredibilmente verde (stagione delle piogge just finished) e intervallato dalle solite case cadenti, polverose e piene di immondizia.
Arrivati a Buzios notiamo subito che il posto è più turistico, non solo per la pulizia ma anche per i negozi più “eleganti”. La spiaggia non è enorme ma è bella, l'atmosfera è rilassante. L'unico neo della giornata è non aver fatto in tempo a vedere da vicino e fare il bagno nella spiaggia di Cabo Frio. Maledetto turismo culturale!
A pomeriggio inoltrato riprendiamo l'autobus e dopo tre anni riusciamo a trovare il porto. A nulla serve dire a mio padre che chiedere informazioni in francese ai passanti è inutile.
Tornati in nave è il momento dei saluti. Che tristezza, ho conosciuto delle persone così simpatiche! Mi mancherà la vita in mare :(
Vedete quella linea bianca all'orizzonte? Ecco, quella è la spiaggia di Cabo Frio.
La vista dalla scialuppa.
Tipico ristorante brasiliano.
Buzios.
GIORNO 18
Ultimo giorno. Sveglia alle 7:00 per lasciare libera la camera e trovarci per la gita organizzata a Rio de Janeiro dalla MSC, che siamo stati obbligati a prenotare per non avere problemi di bagagli & co. Ovviamente piove, anche se per fortuna dura poco.
Si parte! La prima tappa è l'altura del Corcovado col famoso Cristo Redentore, la più grande opera di art deco del mondo. Per arrivare in cima prendiamo il trenino che passa attraverso il Parco Nazionale di Tijuca, una vera e propria giungla in mezzo alla città con liane, alberi altissimi e tutto il resto. E' proprio il caso di dire: che ficus! Ovunque vedo degli strani frutti grandi e marroni che scopro chiamarsi “jokerfruit”: la guida dice che sono buoni ma hanno in odore pestilenziale. Perfetto, ho trovato i souvenirs per gente poco gradita! Lo spettacolo dall'alto è stupendo, peccato solo per l'assurda quantità di turisti e il cielo un po' nuvoloso. C'è persino una famiglia che celebra un battesimo ai piedi della statua: che pacchianata!!! Il paesaggio è molto particolare: al largo ci sono tante piccole isole, verso il centro della città una laguna dominata da un imponente albero di Natale e ovviamente a destra e a manca le bellissime spiagge do Brasil. La cosa più strana sono però tutti i picchi che si innalzano nel bel mezzo della città: grattacieli, e dietro rocce a strapiombo! Bellissimo, davvero. La guida ci mostra le favelas sui fianchi delle alture e ci racconta che a Rio ce ne sono in tutto trecentosessanta. La polizia sta cercando di ripulirle dagli spacciatori, ma il lavoro è molto lungo. In tutto il Brasile vivono 190 milioni di persone, tra queste 14 milioni sono nelle baraccopoli. Cazzo, il 10%! Se pensate poi che un altro 60% sono i poveri ma non poverissimi restano solo un 20% di benestanti e un 10% di ricchi che nuotano nell'oro. Non è un quadro roseo.
Tornando a cose più allegre, dopo ventimila foto panoramiche e la perdita di un tedesco del gruppo proseguiamo il tour passando in pullman da Copacabana e salendo in funicolare sull'Urca e il Pan di Zucchero. Anche qui superpaesaggio, si vede il Corcovado in tutto il suo splendore e vengono i brividi a pensare di essere stati così in alto. Mi rifaccio gli occhi camminando tra piante con pappagallini e colibrì e guardando le spiagge che mi circondano. Anche se non so se riuscirei a vivere qui (è vero che le zone del centro sono tutte bellissime perchè abitate da gente benestante, ma c'è comunque troppa disparità, è un mondo troppo diverso da quello a cui sono abituata) in questo momento invidio profondamente i brasiliani e il loro paese.
Il nostro giro è purtroppo già finito e veniamo scaricati in aeroporto con davanti otto ore di attesa. Quante cose avremmo ancora potuto vedere!
Giusto per darvi un'idea del modernissimo aeroporto di Rio: nada deposito bagagli, nada sala di attesa e nada prese per la batteria del computer. Pensate che spasso!
Mentre faccio un giro mi si attacca stile cozza un controllore che comincia a parlare in portoghese e non la finisce più. Talvolta mi fa delle domande alle quali rispondo con un “Concordo!”.
Finalmente apre il check-in. Due ore di coda. Fuori diluvia. Arrivederci Brasil, mi mancherai :(:(:( Non voglio tornare a casaaaaaaaa!!!
On the way to Corcovado.
Jokerfruit nella foresta.
Ah, la folla!
Copacabana.
Pan di Zucchero e Urca.
A sinistra Copacabana, sull'estrema destra il Corcovado.
GIORNO 19
Stranamente il viaggio in aereo mi regala un sonno ristoratore interrotto solo dalla cena alle 3:00 di notte a base di pollo, cous cous e una mini bottiglia di vino. Il cinese due sedili dietro di me mostra al mondo intero la sua debolezza di stomaco rimettendo il tutto sulla porta del bagno e sullo sfortunato signore in coda. No comment. Casualmente mi sveglio proprio mentre un sole rosso fuoco sorge sull'oceano.
Arrivati a Londra : aeroporto pulitissimo e perfetto, pieno di gente che ti dice dove andare e cosa fare. Altre tre ore di volo e la vacanza giunge al capolinea, solo l'abbronzatura testimonia ormai la mia permanenza sotto l'equatore. Che strano essere di nuovo a casa al freddo dopo diciotto giorni di estate!
Cosa ho imparato in questi diciotto giorni:
- Posso sopravvivere senza internet e smalto.
- Il mondo è bello perchè è vario.
- Devo accettare la dura realtà: a volte le cinquantenni hanno meno cellulite di me.
- I brasiliani sono persino più ignoranti in inglese degli italiani. La differenza è che che se ne fregano e continuano allegramente a parlare in portoghese! Se non altro, la poca propensione alle lingue è compensata da una grande socievolezza e gentilezza.
Per ora è tutto, passo e chiudo!
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