Jökulsárlón |
Bentornati, bentornati miei adepti! Il viaggio delle meraviglie purtroppo è giunto alla sua ultima puntata (potete leggere le precedenti QUI, QUI e QUI), ma ho ancora tanti pensieri da condividere con voi.
Orsù, non tergiversiamo!
Mercoledì 31 agosto/giorno 6: ritorno a sud-est
Se ho serie difficoltà a scegliere quale sia stato il giorno più bello o la cosa più spettacolare che abbia visto, posso dirvi con certezza che a livello di guida la mattina e il primo pomeriggio del 31 sono stati abbastanza pesanti. Come vi anticipavo, non ci sono ponti o gallerie che taglino questa parte dei fiordi, quindi per arrivare da un punto all'altro bisogna seguire passo passo la costa. Il nostro intento, una volta partiti da Seyðisfjörður e aver bevuto trenta tazze di espresso gratuito della macchinetta dell'ostello (we, al bar costa quasi 4€, eh!), è quello di seguire i suggerimenti di Google Maps e raggiungere Höfn in 3.10 h, deviando dalla Ring Road prima di Djúpivogur. Già tre ore non sono pochissime, ma va bene lo stesso. Purtroppo, giunti alla deviazione vediamo tremila segnali del tipo "Pendenza massima", "Strada sterratissima che più sterrata non si può", "Dai scemi provateci se avete il coraggio con la macchina a nolo". Per farla breve, non ci sembra il caso di avventurarci oltre e proseguiamo sulla no.1, che sorpresa, sorpresa...è sterrata! E stavolta non c'entrano niente i lavori, è proprio così ad minchiam! I quaranta minuti successivi andiamo a passo di lumaca e tentiamo di evitare quanti più sassi possibile, alla fine arriviamo ad Höfn con quasi due ore di ritardo. Sono le ore più noiose della vacanza non solo per il tempo che ci mettiamo a percorrere il tragitto, ma anche perchè il paesaggio pur essendo bello dopo un po' è tutto uguale: mare da un lato, montagna dall'altro. Oltretutto, questo tratto è persino più desolato del corrispettivo ad est: nessun autogrill, niente pompe di benzina e ancora meno fattorie. Non vi dico di trovare una soluzione alternativa, non è che ce ne siamo pentiti, ma se fate un giro come il nostro sappiate che sarà la parte meno divertente (o almeno, per noi è stato così).
Entriamo in città e, diamine, che brutta! Sembra un posto anche abbastanza industriale, con diversi capannoni dove si lavora chissà cosa. Attanagliati dalla fame ci dirigiamo verso questo fast-food in cui, apparentemente, è celebre il panino con gli scampi. E le cipolle. E la paprika. Ok, ordiniamo due hamburger.
Quando ci rimettiamo in marcia il sole brilla di nuovo nel cielo e in lontananza si vedono le lingue del ghiacciaio Vatnajökull, la calotta glaciale più grande del mondo dopo i poli: è impressionante, stupendo. Dopo pochissimo, la vedetta E. lancia un urlo, pigio sul freno ed eccola lì, una renna selvatica! Pascola placida con la sua barba bianca e un palco di corna che a Temptation Island se lo sognano, bellissima. Un ragazzo ha scavalcato il recinto di filo spinato per farle delle foto più da vicino; vediamo chiaramente i gioielli di famiglia che urlano pietà. Noi ci limitiamo ad ammirarla dall'esterno, ci viene incontro e si ferma a un paio di metri da noi.
Felicissimi e ancora increduli per la fortuna che ci è capitata proseguiamo fino ad arrivare alla Jökulsárlón, la famosissima laguna con gli iceberg. Molti sono sporchi di terra e detriti, ma quelli azzurri hanno un colore stupendo, soprattutto quando i raggi del sole li colpiscono. Dietro c'è un orizzonte di ghiaccio, fa venire i brividi. Passeggiamo sulla riva, osserviamo le foche nuotare, saliamo su un promontorio e poi a malincuore ci dirigiamo sulla spiaggia nera, per vedere gli iceberg arenati e quelli che danzano sulle onde prendendo il largo. Alcuni sono molto grandi; quelli più piccoli brillano così tanto da sembrare diamanti. E' un posto unico e ne rimaniamo stregati.
Tornati in strada, il ghiacciaio continua ad accompagnarci: alcune lingue sono vicinissime alla statale, un km, non di più. Pensare che questo posto è così da centinaia d'anni è impressionante, ed è triste sapere che a causa dei cambiamenti climatici si sta riducendo di anno in anno.
La prossima fermata è Hof, un minuscolo agglomerato di case con una chiesetta pittoresca: col tetto in torba, avvolta dal muschio e con degli alberi fioriti all'ingresso sembra proprio il rifugio di qualche elfo. E' vicinissima alla statale, quindi non si può nemmeno definire una deviazione.
Ripartiamo e il paesaggio non finisce di stupirci: attraversiamo il sandur, una distesa di terra nera residuo delle eruzioni (o meglio: formata dai residui dell'eruzione di un vulcano sepolto sotto una calotta glaciale, che provoca quindi anche un'inondazione. Mi sono spiegata?). Guidiamo e guidiamo ma ai lati vediamo solo sabbia color carbone. Il terreno diventa poi un po' più verde e ad un certo punto incontriamo un campo di lava bellissimo e gigantesco, pieno di cupolette ricoperte di muschio verdissimo.
Siamo ormai arrivati a Kirkjubæjarklaustur, dove si trova il nostro hotel. Come sempre, è un piccolissimo paesino e non riusciamo ad individuare un vero e proprio centro, solo case sparpagliate. La cena in uno dei pochi pub risulta discreta e rientriamo alla base incrociando le dita: alla reception ci hanno detto che ci sono buone probabilità di vedere l'aurora boreale e se vogliamo possono svegliarci con una telefonata. Alle 23.40, con E. ormai in fase REM, il telefono squilla, io mi precipito e dopo tre secondi sono prontissima a salire sul terrazzo. Le stelle sono bellissime e luminose e da principio vediamo una striscia a forma di arcobaleno, color delle nuvole ma che non oscura le costellazioni. A poco a poco, l'aurora prende vita diventando di un verde cangiante, fosforescente. Siamo tutti commossi.
Poi, nel silenzio più assoluto, un cinese scoreggia.
Ci guardiamo increduli cercando di dimenticare l'accaduto il più in fretta possibile per gustarci la magia del cielo, ma l'episodio entrerà negli annali. L'aurora si forma e si disfa, quando si alza il vento si vedono le particelle volare via, scomporsi e ricomporsi. Sembra una tenda, leggerissima ed impalpabile. Poi, così com'era arrivata, scompare. Torniamo in camera, gli occhi ancora pieni di meraviglia e le orecchie in cui rieccheggiano i rumori del signor Wang. Passa circa un'ora e il telefono suona di nuovo, questa volta scruto dalla finestra della camera: è più estesa ma meno visibile di prima. E' ora di andare a nanna.
Jökulsárlón |
Hof |
Distanze:
- Seyðisfjörður/Höfn: 4 h
- Höfn/Jökulsárlón: 1 h
- Jökulsárlón/Hof: 30 min
- Hof/Kirkjubæjarklaustur: 1 h
- Djúpavogskörin (hot pot non bellissima in una vasca di metallo, ma in caso di necessità estrema...) ❌
- Skaftafellsjökull (camminata fino al ghiacciaio) ❌
- Svartifoss (cascata circondata da colonne di basalto nere, raggiungibile con un trekking di circa 2 h) ❌
La strada che porta dal nostro hotel a Kirkjubæjarklaustur di giorno è davvero suggestiva: ai lati ci sono mille collinette ricoperte d'erba che finiscono a punta, chissà se sono state formate dal vento? Ci fermiamo qualche minuto ad ammirare la cascata all'estremità della città che scende dolcemente e immergere la mano nell'acqua limpidissima. Anche oggi sembra che il tempo sarà stupendo.
La nostra prima fermata è il canyon di Fjaðrárgljúfur, in fondo a cui scorre un fiume. L'erba è super soffice e sarebbe il posto perfetto per fare un pic-nic. Già da qui si inizia a scorgere il gigantesco campo di lava di Eldhraun, che ci fermiamo ad osservare meglio da una piazzola di sosta. Guardate le foto e ditemi se non vi fa impressione pensare che un tempo quella era tutta lava!!
Proseguiamo il viaggio ammirando per km e km i panettoncini vulcanici ricoperti di muschio fino ad arrivare in vista di Vík í Mýrdal e delle sue scogliere. La spiaggia nera di Reynisfjara è molto ventosa e al largo si vedono i faraglioni, che secondo le leggende sono dita di troll colpite dai raggi del sole e tramutate in pietra (spiegazione che il folklore islandese fornisce per tutte le rocce con una forma curiosa). Saliamo in macchina verso il promontorio di Dyrhólaey ma invece di girare a destra, dove la strada è più accidentata, andiamo dritto, sull'altro versante. Dall'alto c'è una bella vista e vediamo alcune foche nuotare nell'acqua gelida. Questa zona del paese mi è piaciuta anche se sicuramente rispetto a tutte le altre meraviglie visitate finora non è nulla di stupefacente.
Il tempo si è rannuvolato ma per fortuna la pioggia ci risparmia.
Le nostre ultime tappe prima di rientrare nella capitale sono le due famose cascate di Skógafoss e Seljalandsfoss, entrambe vicinissime alla statale. Ammiriamo la prima dal basso, una nuova prospettiva, e ci godiamo il doppio arcobaleno. La seconda è invece conosciuta e amata dai fotografi in quanto dietro la cascata c'è una grotta alla quale si può accedere, cosa che evitiamo di fare perchè appena ci avviciniamo quasi ci laviamo. Tenete presente che il parcheggio vicino a Seljalandfoss è a pagamento (mi sembra 7€), noi da bravi italiani ci siamo fermati per breve tempo e abbiamo evitato di fare il ticket.
Il nostro tour giornaliero sarebbe giunto teoricamente al termine, ma arriviamo ad un empasse quando si tratta di stabilire il programma dell'ultima mattina: io vorrei andare alla Laguna Blu, la più famosa (e cara: 50€!) spa islandese, E. preferisce evitare perchè nonostante l'acqua calda ha troppo freddo per fare il bagno all'aperto. Gira e rigira,
La scelta ricade su Hrunalaug, vicinissima alla Secret Lagoon, a Flúðir. La decisione si rivela ottima: la sorgente è bellissima, l'acqua piacevolissimamente calda (quasi 40°) e c'è anche un piccolo spogliatoio. Mi godo quindici rilassantissimi minuti a mollo e poi mi cambio, incredibilmente senza soffrire il freddo e il vento. Direi che meglio di così non poteva andare, ho anche fatto un'esperienza molto più autentica della commerciale Laguna Blu (ma sicuramente prima o poi ci andrò perchè dicono sia comunque bellissima)!
Arrivati a Reykjavik ceniamo alla Noodle Station e facciamo un lunga camminata sulla Laugavegur, la via principale. In giro ci sono un sacco di giovani (e un sacco di ubriachi, ma questa non è una scena rara per chi è avvezzo ai paesi nordici) e i bar sono pieni, anche se tutti i ristoranti e i fast food chiudono alle 22.00.
Torniamo in hotel e, a dirla tutta, io ho già il magone all'idea di ripartire il giorno dopo.
Fjaðrárgljúfur |
Eldhraun |
Vík í Mýrdal |
Skógafoss |
Seljalandsfoss |
Una bella foto con gli occhi chiusi a Hrunalaug |
- Kirkjubæjarklaustur/Vík í Mýrdal: 45 min (Fjaðrárgljúfur e Eldhraun sono lungo la strada)
- Vík í Mýrdal/Skogafoss: 30 min
- Skogafoss/Seljalandfoss: 30 min
- Seljalandfoss/Reykjavik: 2 h (deviazione per Hraunalaug circa 30 min)
Tappe ozionali:
- Reykjadalug (fiume caldo, da raggiungere con circa 1 h di trekking) ❌
- Seljavellir (hot pot, ho però letto delle recensioni negative riguardo la pulizia della vasca in cemento) ❌
Sabato 02 settembre/giorno 8: il triste, tristissimo ultimo giorno
Il nostro volo di rientro, di nuovo diretto ma stavolta con la compagnia low cost WowAir, è alle 17.55: tra la riconsegna dell'auto e il check-in calcoliamo di dover partire dalla capitale dopo pranzo.
Decidiamo di fare un giro in centro, comprare un souvenir (ma uno di numero, visti i prezzi) e dare un'occhiata a negozi e strade. Purtroppo dopo poco inizia a piovere forte e continua ad intermittenza fino all'ora di pranzo, che decidiamo di passare in un mercato coperto vicino alla Noodle Station di ieri. E' un edificio molto carino con all'interno diversi stand, noi optiamo per il messicano.
Il tempo passa in fretta e in breve ci ritroviamo all'aeroporto, da cui inaspettatamente partono molti voli diretti per svariate destinazioni. Per fortuna, alla Hertz decidono di non farci pagare alcun supplemento per le righette da ghiaia sulla carrozzeria.
Mi viene da piangere all'idea di lasciare questo posto meraviglioso e tornare al caos italiano, ma mi riprometto di tornare appena possibile. E' stata un'esperienza meravigliosa, irripetibile, che mi ha lasciato tante sensazioni uniche. La cosa che più mi ha stupita è stata la varietà, l'immensità e la bellezza di tutti gli ambienti che abbiamo visto, nonostante le piccole dimensioni della nazione: abbiamo percorso più di 2.200 km, siamo passati dal mare ai monti, dalle fumarole ai ghiacciai, dalle renne alle foche, ma i miei occhi sono sempre e costantemente rimasti pieni di incredulità. L'Islanda è un paese magico, di una bellezza così sconvolgente, indescrivibile, inafferrabile che una volta tornato a casa i tuoi stessi ricordi non riescono a ricreare con esattezza quello che hai visto e lo stupore che hai provato. Appena messo piede sull'aereo l'incantesimo si rompe e ti sembra di aver vissuto un sogno. Però non è così, e solo a descrivere questo viaggio mi è tornata la pelle d'oca: è valso ogni centesimo speso, il più bello della mia vita senza alcun dubbio.
Un museo del cazzo (banale, ma non potevo non farla!) |
Hallgrímskirkja |
La via principale. Trafficatissima, eh? |
Prima di salutarvi, vi lascio con alcune curiosità e impressioni su questo paese:
- la pioggia islandese è particolare (come tutto il resto): abbiamo sempre beccato dei rovesci brevi, con gocce sottili e fittissime. Piove cinque minuti, poi smette, poi riprende...ci si fa l'abitudine!
- gli islandesi, bambini compresi, parlano perfettamente l'inglese, e lo usano molto più spesso della loro lingua madre anche quando conversano tra di loro
- non so come facciano, ma le islandesi, oltre ad avere tutte dei favolosi capelli biondi, lunghissimi e lisci, escono vestite leggerissime (noi piumino e giacca a vento, loro giacca di jeans aperta su maglie scollate)
- dicono che i nordici siano pulitissimi e gentilissimi. Personalmente, come in Danimarca non mi sento di avvalorare del tutto questa tesi: a Copenhagen i posti pubblici erano immacolati, ma lo stesso non si può dire per le varie case dei locali, e i danesi erano molto gentili ma restii a farti instaurare un vero rapporto con loro. In Islanda ho trovato decisamente più sporco (ma magari siamo stati sfigati noi, ho sentito dire che gli ostelli sono pulitissimi...) e la gente poco cordiale. Anzi, quasi al limite della maleducazione perchè spesso ci rispondevano a monosillabi e senza guardarci in faccia.
- non solo il cibo è carissimo: pensate che persino i libri costano circa 30€ l'uno!
- la statale è generalmente facile da percorrere in macchina (anche se ovviamente bisogna sempre prestare attenzione alla guida, soprattutto alle pecore che decidono di attraversare improvvisamente), però alcuni passi montani hanno curve strette e niente guardrail
- nel nord del paese quasi tutti i ponti sono a senso unico ma ben segnalati
- per pagare la benzina ai distributori avrete bisogno di inserire il pin della carta di credito, assicuratevi di averlo
- se preferite non noleggiare una macchina in estate le tratte principali sono ben servite dai bus
- i lavandini sono sempre minuscoli e i materassi sono sempre singoli (anche se avete richiesto un matrimoniale vi daranno due singoli vicini)
- nei bagni degli hotel trovate generalmente shampoo e balsamo ma quasi mai bagnoschiuma
- le fattorie hanno tutte un nome e vengono indicate da cartelli, come se si trattasse di cittadine
- al ristorante l'acqua è gratuita, ma se la comprate al supermercato costa 2/3€
- le attrazioni naturali principali sono sempre situate vicino ad un parcheggio: se siete molto pigri non è necessario fare delle lunghe camminate
- in giro per il paese abbiamo visto tantissime gru e macchinari da lavoro, ma mai nessuno che lavorasse!
- lo sapevate che Tolkien per gli ambienti descritti in LOTR si è ispirato all'Islanda?
Amici, per ora è tutto, grazie per aver letto questa serie! Alla prossima!
Ok blogger ti boicotta, ho visto adesso i tuoi ultimi post. Viaggio interessante, io odio il freddo, però la bellezza dei paesaggi è innegabile. Tra l'altro al momento mi va di lusso quando posso organizzar Milano-Palermo e ritorno. :D
ReplyDeleteP.s. Ho risposto con appena due mesi di ritardo al tuo commento...
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