Glaumbær |
Carissimi, bentornati! Prosegue il viaggio nei ricordi islandesi, per chi si fosse perso la prima parte trovate tutto lo spiegone QUI!
Buona lettura :)
Lunedì 28 agosto/giorno 3: sulla strada per Akureyri
Se avete intenzione di percorrere tutta la Ring Road dovete mettere in conto almeno un paio di giorni di guida "tosta" e avere voglia di passare diverse ore al volante. Il tratto di strada dalla capitale ad Akureyri ci è piaciuto molto di più di quello lungo i fiordi fino a Höfn, per tornare a sud del paese. Il tempo di percorrenza è minore e il paesaggio è bellissimo: fattorie ai piedi dei monti, piccoli fiordi, centinaia di pecore e qualche cavallo (ma quelli vi accompagneranno per tutto il viaggio, anche se noi non ce ne stancavamo mai!), montagnette di ghiaia nera, campi di lava, cascate, cascate e ancora cascate, laghetti e tratti di strada che si insinuano tra le montagne, regalando scorci da favola. Purtroppo, salendo in quota troviamo spesso delle nuvole basse che ci impediscono di vedere ad un metro dal naso. Fino a Hvammstangi proseguiamo tranquillamente: a parte il paesaggio, non c'è nessuna particolare attrazione. Siamo tentati di avventurarci sul sentiero che porta ad una grande cascata ben visibile dalla strada, ma la pioggia e le ore di guida ancora davanti a noi ci fanno desistere.
Piccola curiosità: appena usciti da Reykjavik imbocchiamo l'unico tunnel incontrato sulla Ring Road, un tragitto di due/tre minuti pagato la bellezza di 10€ al casello all'uscita. Da quanto ho capito, un'altra galleria si trova solo nella penisola di Tröllaskagi, sopra Akureyri, il che ci ha permesso di lanciare svariate maledizioni quando abbiamo percorso una parte dei fiordi orientali in quasi due ore (con un tunnel o un ponte ci sarebbe voluta mezz'ora).
Ci fermiamo a mangiare all'onnipresente autogrill N1, un tempo vilipeso e ora, dopo aver assaggiato hamburger e patatine a soli 15€, amato e osannato.
Il programma prevede una tappa a Hvammstangi (teoricamente dovevamo anche pranzarci, ma per principio non vogliamo più mettere piede in un ristorante), nelle cui vicinanze pare si possano vedere le colonie di foche. In realtà non vediamo un bel tubo se non il paesello un po' triste: proviamo ad andare avanti finchè la strada non diventa troppo accidentata e decidiamo di tornare indietro. Poco male, è stata una deviazione breve.
Decisamente più piacevole invece la sosta a Glaumbær, la più antica fattoria d'Islanda coi tetti in torba. E' molto carina, situata vicino ad una chiesetta e ad un recinto coi cavalli. Il biglietto per la visita costa circa 10€, ma noi facciamo un giro all'esterno sbirciando dentro gli edifici col pavimento di terra e sassi. E' davvero un bell'intermezzo lungo la strada nonostante il vento forte che continua a soffiare imperterrito (in compenso ha smesso di piovere).
Arrivati ad Akureyri prendiamo possesso della nostra camera al Center Apartment Hotel, il migliore di tutto il viaggio: piccolo ma funzionale e pulitissimo. C'è persino la smart tv, E. quasi si mette a piangere dalla gioia per aver ritrovato una parvenza di civiltà. Probabilmente, se gli proponessi di proseguire da sola e tornarlo a prendere tra una settimana, accetterebbe senza batter ciglio.
Se Reykjavik con i suoi 200.000 abitanti ci era sembrata piccola, Akureyri con i suoi 18.000 ci appare minuscola. Guardando la mappa ho il dubbio di non riuscire a percorrere tutto il centro in serata; di fatto in cinque minuti a piedi arriviamo fino alla chiesa. La via centrale ha tanti negozietti di souvenir e qualche ristorante, ma noi adocchiamo subito il bar dell'ostello che espone un'insegna "Hilly" che urla "CAFFE' VERO, BEVIMI!". Sappiamo già dove andare per colazione. Il dilemma rimane come sempre la cena: ci appelliamo al Dio dei Pasti, che ci suggerisce l'economico (è sempre tutto relativo, ovviamente) Fish&Chips. Senza infamia e senza lode, non molto saporito (sì, lo so che è fritto, ma era proprio sciapo!) ma se non altro non unto e bisunto. Ci sediamo accanto ad una coppia di italiani. Scopriamo che anche quelli alla nostra destra sono italiani. Anche quelli davanti. E quelli dietro. Siamo circondati!
Dopo il lauto pasto facciamo un altro giro in centro e osserviamo con curiosità il menù del ristorante italiano, che propone chicken risotto e pizza con ananas. Insomma, cibi tipici napoletani e piemontesi.
Ci ritiriamo nelle nostre stanze, pronti per un sonno ristorat...ah già, la smart tv.
Appena fuori Reykjavik |
Glaumbær |
Akureyri |
Distanze:
- Reykjavik/Hvammstangi: 2.30 h
- Reykjavik/Akureyri: 4.30 h
- Snorralaug (la più antica hot pot d'Islanda, informatevi bene perchè in seguito ho letto che l'acqua in realtà è fredda. Deviazione di 20 min) ❌
- Glaumbær (fattoria storica) ✅
- Tröllaskagi (penisola con strada costiera, sembrano interessanti i paesini di Hólar e Siglufjörður. Deviazione di 1 h) ❌
- Fosslaug (hot pot) ❌
Martedì 29 agosto/giorno 4: di cascate e di balene
Al mio risveglio trovo E. abbracciato al telecomando. Con garbo, comincio a dirgli che presto dovrà dire addio alla tv e riavventurarsi nel mondo selvaggio. Lo aiuto ad uscire dallo shock con un vero caffè e un panetto comprato alla panetteria appena sotto l'hotel.
Controlliamo le previsioni: oggi pioggia, domani sole. Decidiamo di invertire il programma di questi due giorni in modo da fare tutte le camminate nella zona del lago Myvatn senza il fastidio del freddo e dell'ombrello.
Lasciamo quindi Akureyri percorrendo una bellissima strada con delle ampie curve e una vista stupenda sulla baia. Dieci minuti dopo la partenza rischiamo la morte a causa di due pecore che attraversano la strada all'improvviso. Nessun problema, le amiamo lo stesso!
La prima fermata è Goðafoss, la cascata degli dei, cosi chiamata perchè' si narra che il capo dell'assemblea, dopo aver deciso la conversione dell'Islanda al cristianesimo, tornando a casa gettò le effigi dei vecchi dei pagani nel fiume che la forma. Non è particolarmente alta, ma ha una bella forma a semicerchio ed è sicuramente una Vista con la "v" maiuscola. In prossimità della cascata ci sono due parcheggi: uno permette di avere una panoramica d'insieme, l'altro fa arrivare i visitatori più vicino. Ci fermiamo in quest'ultimo e attraversiamo un ruscelletto per avvicinarci (non troppo, che io sono una cagasotto). La nostra abilità nel trekking si riconferma quando un anziano ci offre la mano per aiutarci a superare l'ultimo pezzetto del rigagnolo.
Oggi fa veramente freddissimo e il pensiero di sembrare un grasso omino Michelin non mi tocca mentre mi infilo strati su strati di caldo pile.
Ci rimettiamo in marcia, direzione Dettifoss, la cascata con la portata d'acqua maggiore d'Europa. Lungo la strada vediamo un assaggio di quello che ci attende il giorno successivo: un lago azzurrissimo, fumarole e montagne giallastre. La deviazione per arrivare alla meta ci immette su una strada meravigliosa: è tutto completamente nero, all'infinito, e se non fosse per i paletti ai bordi non si distinguerebbe la fine dell'asfalto dall'inizio dello sterrato. Per me è una vista mozzafiato. A un certo punto incontriamo delle strane formazioni, come dei panettoni di roccia ai lati della strada. Ci saliamo sopra per scattare alcune foto, dopo un secondo le mani sono congelate, il vento quasi ci porta via, ma l'immensità cupa che ci circonda è qualcosa di indescrivibile.
Quando arriviamo nel parcheggio di Dettifoss piove e il naso rischia di cadermi dal freddo, ma il mio entuasiamo non si placa. Davvero, lo so che sembra noioso, ripetitivo, forse anche esagerato, ma la vista è pazzesca, sembra di essere non su un altro pianeta, ma su un altro universo, e le foto non rendono nemmeno un terzo della bellezza di quello che si ha di fronte: una distesa senza confini di rocce grige, squadrate, grandi, che giacciono al suolo singolarmente o formano delle collinette. E' un paesaggio desolatissimo, come è possibile che lì in mezzo ci sia una cascata? Eppure, alla fine del sentiero la vista si apre, vediamo una nube di goccioline d'acqua e ci troviamo davanti a un'enorme massa d'acqua che precipita in un canyon via via sempre più stretto ai lati. Da una parte c'è una parete rocciosa (parecchia gente si è avventurata fin lì per fare delle foto, giammai!), dall'altra una piccola vallata verdissima. E' impressionante vedere tutta quell'acqua che cade verso il basso e percorriamo tutti i sentierini circostanti. Stupendo, irreale, fuori dal mondo, sicuramente un'altra delle cose che più ho amato del viaggio. E tutto questo nel nulla più assoluto.
Semifradici torniamo alla macchina; anzi, a dire il vero E. è costretto a cambiarsi anche le mutande, io in fondo sono abbastanza asciutta.
Ripercorriamo la strada al contrario: prossimo stop Húsavík, capitale islandese del whale watching. Prego tutti gli dei conosciuti affinchè ci facciamo vedere anche una sola balena, dal momento che è più o meno ciò su cui ho fatto leva per farmi accompagnare da E. in questa vacanza. Tremo al pensiero delle torture che potrei subire se non si palesasse una coda, se non emergesse un muso, se non apparisse uno sfiato. Vi prego cetacei, non abbandonatemi a un crudele destino! Poi, improvvisamente, come un presagio positivo, ecco il sole: non un pacato raggio come i giorni scorsi, ma un vero e proprio sole, che spazza via le nubi e rivela un cielo limpidissimo. La strada è un saliscendi tra prati che brillano dopo la pioggia, in lontananza si vede un gruppetto di monti isolati, così, come poggiati a caso in mezzo al nulla. Anche questo è un tratto che mi è piaciuto moltissimo.
Ad un certo punto vediamo il cartello dei lavori in corso e notiamo con disappunto che la strada è sterrata. Vabbè, saranno pochi metri, no? No! Per circa venti minuti procediamo pianissimo, col terrore di rigare la macchina (cosa che purtroppo accade perchè si forma un piccolo segno da ghiaia). Ma io dico, ma 'sti cristiani che c'hanno nella testa che non riescono a rifare cinquanta metri di strada per volta? Pazienza, inconvenienti a parte il percorso continua ad entusiasmarmi e ormai sono diventata insopportabile, una fonte inesauribile di "Ah!", "Oh!", "Che beeeeeeelloooooo!". E. fa appello a tutto il suo autocontrollo per non imbavagliarmi e buttarmi in un fosso.
Húsavík è un grazioso paesino, pittoresco e caratteristico. La buona sorte continua ad assisterci in quanto il tour di Gentle Giants che vogliamo fare partirà tra quindici minuti. In biglietteria ci avvisano che il mare è molto mosso. Il giro dura tre ore. Sia io sia E. soffriamo il mal di mare. Sia io sia E., essendo delle teste di minchia, ce ne freghiamo.
Prima di salire sulla barca ci danno una tutona imbottita e un impermeabile enorme, stile pescatore dell'Atlantico: ci sentiamo fighissimi e ridiamo come due idioti. Quando stacchiamo gli ormeggi le onde ci colpiscono letteralmente, entrando nella barca e facendo cadere la gente che non si tiene saldamente. E' una cosa...divertentissima!! Sul serio, non sono ironica, sembrava di essere a Gardaland! Ho iniziato a soffrire un po' quando siamo arrivati in zona balene e la barca ha cominciato a rollare con un movimento molto blando sulle onde, ma col mare grosso nessuno di noi due ha avuto problemi.
Per avere una migliore visuale saliamo su una specie di torretta, miracolosamente non cado dalla scaletta e non mi rompo la schiena. Vediamo uno sfiato. Due sfiati. Tre sfiati. Una codata, sono salva!! Grazie divinità che proteggi le balene e gli amanti delle balene! Avvistiamo un'altra codata e un paio di cetacei che emergono facendo un ponte. Ah, e anche un delfino morto purtroppo. Io sono contenta ma E. ha un sorriso che gli arriva alle orecchie, non potrei essere più felice nonostante il mio stomaco sia un po' in subbuglio (certo, forse non avrei dovuto mangiare quel panino già pronto del supermercato con prosciutto, formaggio e cetrioli, ma avevo fame, diamine!). Insomma, la "caccia" è stata davvero soddisfacente, lui è riuscito persino ad avvistare l'occhio della balena un secondo prima che mi girassi io. Dopo due ore e mezza di gelo in cui penso a come sarà la mia vita una volta che mi amputeranno i piedi facciamo ritorno alla base. Gli altri mangiano una brioche e una cioccolata calda offerta dal tour operator, io preferisco tenere la bocca chiusa (sono sicura che non dispiaccia a nessuno).
Per svernare ci prendiamo un tè caldo in un bar e poi andiamo alla vicina Saltvik Farm Guesthouse, dove dormiremo. La cena consiste in un altro orribile panino del supermarket per E. ed in uno Skyr per me. Per chi non lo sapesse, il tanto celebrato Skyr è una specie di yogurt islandese, simile a quello greco ma più acido e cremoso. Avevo sentito dirne meraviglie ma non l'ho trovato niente di speciale, anzi sono stata sfottuta perchè dopo un po' mi ha disgustata e l'ho buttato via :P
E con questo episodio di bullismo si conclude un'altra stupenda giornata in terra d'Islanda.
Distanze:
- Akureyri/Goðafoss: 45 min
- Goðafoss/Dettifoss: 1.15 h
- Dettifoss/Húsavík: 1.20 h
- Hostakarið (hot pot) ❌
A presto con la terza parte!
Ciao, mi sono appena iscritta al tuo blog, ti aspetto da me se ti va! Le tue foto sono mozzafiato, i paesaggi islandesi hanno quasi qualcosa di surreale.. è un posto che mi piacerebbe moltissimo visitare. Alla prossima, baci!
ReplyDeleteCiao Rosy, grazie, passerò sicuramente a dare un'occhiata :)
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