Buongiorno a tutti!
Dopo il Ritratto dello scorso mese, che ha ricevuto la vostra approvazione, oggi torniamo con questo articolo molto bello e forte di MIKI (we <3 ya!).
Vi lascio alla lettura e rimando alla fine le considerazioni.
Sin
da quando ho cominciato a capire cosa fosse il matrimonio,
ho sempre pensato che un giorno mi sarei sposata.
Non
mi importava che fosse con Arthur (Candy
Candy) o Paul (Rensie
la strega) o Edward (Milly,
un giorno dopo l'altro), avrei indossato un enorme abito bianco,
sarei salita su una sontuosa carrozza, da far appassire la zucca di
Cenerentola, e sarei andata a coronare il mio sogno di bambina.
Uno
dei tanti, in effetti. Fare la regina era decisamente al primo posto.
Lo
avrei fatto all'età giusta, dopo aver incontrato la persona giusta e
per i giusti motivi.
Ero
ignara all'epoca, e probabilmente ne sono poco consapevole anche
adesso, che quello che per me poteva essere un sogno astratto, per
altre bambine era un incubo
concreto,
che si avverava e si avvera troppo presto.
Forse,
e sottolineo forse, ad uno sguardo distratto e veloce, queste bimbe
non appaiono poi tanto diverse da come apparivamo io e le mie amichette
il giorno della prima comunione, fiere dei nostri abiti bianchi e
svolazzanti e sicuramente vanitose e un po' frivole. Eppure le due
cose non possono essere più lontane, non possono essere più
diverse.
Mentre
a fine giornata noi eravamo stanche, spettinate, sfoggiavamo almeno
una macchia sulla gonna immacolata (la mia è del cocktail di gamberi
che mi sono buttato addosso praticamente ad inizio pranzo, ed è
ancora lì) e guardavamo adoranti i regali ricevuti, loro si
ritrovano stanche e terrorizzate di fronte ad un marito che non avrà
nessun rispetto della loro età, della loro innocenza, della loro
purezza.
Spesso,
affrontando il discorso con altre persone, mi sono sentita rispondere
"fa parte della tradizione locale. Se vivessimo lì, ci
sembrerebbe normale."
Normale...
Nel
Giugno del 2011, Stephanie
Sinclair,
fotografa per il New York Times e per il National Geographic, alle
cui colleghe abbiamo dedicato un ritratto, che potete leggere QUI,
ha immortalato la tradizione, ha fotografato questa incomprensibile e
raccapricciante normalità in un servizio, Child
Brides,
e successivamente girando un breve documentario dal titolo Too
Young To Wed.
Asia,
14 anni, mamma di due bambine. Non si è mai ripresa dal parto,
manifesta frequenti emorragie e non ha la minima idea di come
prendersi cura delle sue figlie e di se stessa.
Rajani,
5 anni, in braccio allo zio che, nel cuore della notte, la porta alla
cerimonia nuziale.
In
India i matrimoni infantili sono illegali, le cerimonie avvengono i
gran segreto, con la complicità dell'intero villaggio.
Surita,
16 anni, Nepal. Piange disperata mentre viene trascinata fuori dalla
sua casa per essere condotta nel villaggio del marito.
Tahani (in
rosa) ha 6 anni. Suo marito ne ha 25.
"Tutte
le volte che lo vedevo, cercavo di nascondermi. Lo odiavo."
La
storia di Tahani è quella che ha più colpito Stephanie. Non è più
terribile di altre, ma è stato impressionante trovarsi di fronte una
bimba di 8 anni (nel momento in cui l'ha incontrata lei), che non ha
perso ancora tutti i denti da latte, ma che ha un fare di donna
vissuta, in grado di parlare delle sue esperienze sessuali. Un
comportamento che è un segno evidente del trauma subito.
Nujoud
Ali,
10 anni, è diventata un'eroina nello Yemen. E' scappata da un marito
violento, molto più vecchio di lei, ha ottenuto il processo ed il
divorzio ed è potuta tornare a scuola.
In
molti dei Paesi visitati dalla Sinclair, che sono India, Yemen,
Afghanistan, Nepal ed Etiopia, i matrimoni infantili sono proibiti,
in altri l'età delle giovani spose è stata innalzata a 15 anni, in
altri ancora tale "limite" è stato abolito.
Bambine
strappate alla loro infanzia, spesso vendute dalle famiglie,
scambiate oppure rapite e violentate per poi essere rivendicate come
mogli.
Le
conseguenze fisiche e psicologiche sono devastanti, spesso fatali.
Non
ultima la storia di Rawan, 8 anni, una bambina yemenita morta in una
camera d'albergo per lesioni interne, dopo la prima notte di nozze.
E'
pensando a Rawan che ho deciso di scrivere questo articolo.
Cerco
di immaginare la sua perplessità, la sua paura, il suo dolore e
provo un'angoscia devastante, che so essere nemmeno lontanamente
paragonabile a quello che ha vissuto lei.
Una
bambina poco più grande di mia nipote, che spesso ho paura di
abbracciare troppo forte per il timore di farle male, il cui visino
riesco ancora ad accogliere tra i palmi delle mie mani come un tesoro
prezioso, che sprizza vivacità da tutti i pori...
Come
può essere normale tutto questo?
"Penso
che la cosa da cui dobbiamo partire è che nella maggior parte dei
casi queste bambine non vogliono sposarsi" afferma
Stephanie Sinclair, in un'intervista di Rena Silverman, per il
National Geographic.
"Come
ha detto qualcuno al CSW (Commissione sullo stato della donna):
cerchiamo di essere onesti, quando un ventenne fa sesso con una
bambina di otto anni, è stupro. E' stupro di minori. E' qualcosa che
non possiamo accettare".
Nel
momento dell'intervista, sono passati due anni dalla realizzazione
del servizio fotografico e, per fortuna, qualcosa è cambiato: c'è
una maggiore consapevolezza del fenomeno, su cui si è focalizzata
l'attenzione di diverse organizzazioni, tra cui The
Elders,
un gruppo di leaders mondiali, che ha fondato Girls
Not Brides,
che oggi conta più di 200 volontari nei Paesi interessati dal
fenomeno.
La
stessa Sinclair continua a lavorare sul tema, assieme ad una collega,
Jessica Dimmock, con la quale ha aperto il blog tooyoungtowed.org.
Per
Stephanie l'istruzione, l'educazione e l'informazione sono le uniche
armi con cui combattere, e non solo per quanto riguarda le bambine,
ma per le loro famiglie e per l'intera comunità, per far comprendere
loro "l'impatto
nocivo del matrimonio precoce sulla salute delle loro ragazze, delle
loro nipoti e la loro società nel complesso."
Stephanie
e Jessica sono da poco rientrate dalla Tanzania, dove hanno raccolto
informazioni sulle ripercussioni sanitarie delle giovani spose.
Fistola, prolasso uterino e rottura dell'utero sono solo alcuni dei
tanti problemi di cui soffrono le vittime.
Durante
la permanenza nello Yemen, una ginecologa pronunciò queste parole:
"Quando
le ragazze nel vostro Paese sono all'inizio della loro vita, le
ragazze nel nostro Paese sono alla fine"
Miki.
FONTI:
Ecco, io concordo sul fatto che "il mondo è bello perchè è vario".
Sono belle le diverse religioni, le diverse credenze, i diversi usi. Sono belle le tradizioni, ma ci sono tradizioni che possiamo accettare e altre che DOBBIAMO condannare: un conto è addobbare l'albero a Natale, un altro costringere una bambina di cinque anni (dico...cinque! Non riesco nemmeno a immaginarmi una cosa del genere!) a sposarsi, avere rapporti sessuali, fare figli e avere ripercussioni psicologiche e fisiche per tutta la vita.
Tanto più che, come avete letto, spesso è illegale.
"Normale" non mi sembra proprio l'aggettivo migliore per designare questa tematica.
Parlarne è già un passo avanti, fondare delle associazioni è ancora meglio, ma purtroppo credo che questo genere di cose siano così radicate nelle società locali che estirparle del tutto sarà un processo difficilissimo, se non impossibile (anche se evitare questo destino a una sola bimba è già un bel risultato).
Il problema non è la mentalità di chi guarda da di fuori, ma di chi si trova all'interno di queste comunità così lontane da noi...
Voi che cosa ne pensate? Eravate già a conoscenza di queste o altre storie simili? Secondo voi qual è il modo migliore -ma non necessariamente rapido- per porre fine a violenze del genere?
Ancora complimenti a Miki, ci rivediamo a novembre!
A "Ritratto di Signora" collaborano anche i seguenti blog:
http://monica-booksland.blogspot.it/
http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/
http://francilettricesognatrice.blogspot.it/
http://phoede.blogspot.it/
*Scusate ma è andato a farsi friggere lo stile della pagina oggi*
Sono belle le diverse religioni, le diverse credenze, i diversi usi. Sono belle le tradizioni, ma ci sono tradizioni che possiamo accettare e altre che DOBBIAMO condannare: un conto è addobbare l'albero a Natale, un altro costringere una bambina di cinque anni (dico...cinque! Non riesco nemmeno a immaginarmi una cosa del genere!) a sposarsi, avere rapporti sessuali, fare figli e avere ripercussioni psicologiche e fisiche per tutta la vita.
Tanto più che, come avete letto, spesso è illegale.
"Normale" non mi sembra proprio l'aggettivo migliore per designare questa tematica.
Parlarne è già un passo avanti, fondare delle associazioni è ancora meglio, ma purtroppo credo che questo genere di cose siano così radicate nelle società locali che estirparle del tutto sarà un processo difficilissimo, se non impossibile (anche se evitare questo destino a una sola bimba è già un bel risultato).
Il problema non è la mentalità di chi guarda da di fuori, ma di chi si trova all'interno di queste comunità così lontane da noi...
Voi che cosa ne pensate? Eravate già a conoscenza di queste o altre storie simili? Secondo voi qual è il modo migliore -ma non necessariamente rapido- per porre fine a violenze del genere?
Ancora complimenti a Miki, ci rivediamo a novembre!
A "Ritratto di Signora" collaborano anche i seguenti blog:
http://monica-booksland.blogspot.it/
http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/
http://francilettricesognatrice.blogspot.it/
http://phoede.blogspot.it/
*Scusate ma è andato a farsi friggere lo stile della pagina oggi*
Magari ci fosse un modo rapido per porre fine a queste atrocità. Io sono d'accordo con la Sinclair, l'unico modo è favorire l'istruzione e "istruire" le famiglie, essere presenti nel territorio per porre rimedio anche dove il fatto sia già accaduto.
ReplyDeleteNon è un modo rapido nemmeno questo purtroppo, ma forse è la soluzione migliore...
DeleteCiao carissima ♥ Mi sono iscritta! Passa da me se ti va :*
ReplyDelete